L’Ufficio diocesano per la catechesi sta da tempo operando una riflessione sulla formazione degli adulti per rispondere alle necessità delle varie comunità parrocchiali. Quest’anno sarà al lavoro un gruppo di studio per formulare una proposta organica da poter presentare alla diocesi in vista di una concreta attuazione.
Il variegato mondo della formazione degli adulti, in ambito ecclesiale, presenta sfaccettature molteplici che trovano una non facile unità intorno al polo della spiritualità. Appare sempre più complesso riuscire a intercettare il desiderio di formazione degli adulti e più complicato diventa organizzare una proposta efficace sul piano dei tempi e modi. È vero che, generalmente, gli adulti sono sempre meno disponibili a lasciarsi coinvolgere o ad impiegare il proprio tempo libero per un eventuale itinerario parrocchiale.
Nella lettura dell’esperienza della vita adulta si sono delineate nuove categorie descrittive: la stabilità e la maturità hanno lasciato il posto al cambiamento e alla pluralità: in un contesto culturale segnato dalla complessità, dalla globalizzazione, dall’interculturalità, dalla comunicazione, dalla facilità dei viaggi, tutto è vissuto all’insegna del cambiamento.
Si impone anche un interrogativo sul senso della formazione in un tempo in cui prevalgono incertezza e instabilità. Fino a non molti anni fa, in un contesto di cattolicesimo sociologico (prendendo in prestito le parole da Enzo Biemmi), la formazione era condensata nella “dottrina” e le numerose attività parrocchiali non si incrociavano con l’affanno e la corsa che contraddistinguono i nostri giorni. Questo modello ha educato infinite generazioni di uomini e donne. Nei contenuti esso è articolato nelle quattro parti tradizionali: quello che bisogna credere (il Credo), quello che bisogna ricevere (i sacramenti), quello che bisogna fare (i Comandamenti), quello che bisogna domandare (il Padre nostro e le preghiere).
Il nostro resta ancora un impianto fondamentalmente preoccupato della trasmissione di una serie di contenuti: conoscere bene ciò in cui già si crede! Gli Orientamenti dei vescovi italiani dal titolo “Incontriamo Gesù” ci hanno autorevolmente proposto un diverso approccio, quello delle «soglie della vita»: si tratta di “un momento propizio per il primo annuncio del Vangelo, perché in questi snodi ogni uomo o donna sperimenta che la vita è «di più», vale più di ciò che noi produciamo; sono snodi che provocano ad aprire il cuore e la mente al dono di Dio” (n. 36). Lo stesso Documento poi spiega: “L’azione catechistica con e per gli adulti, infatti, non può essere pensata in forma di comunicazione unidirezionale; richiede, piuttosto, il coinvolgimento attivo degli adulti stessi che non sono solo recettori, ma depositari dello Spirito del Vangelo, nelle pieghe della loro vita” (n. 24).
Concretamente si tratta di costruire itinerari non a partire dai contenuti ma dalle persone. È facile infatti riconoscere che la più grande difficoltà è riuscire ad arrivare alle persone, coinvolgerle, affascinarle.
Richiamandoci ancora agli Orientamenti dei vescovi, potrebbero essere valorizzate, anzitutto, le occasioni offerte dall’esistenza, soprattutto i momenti forti attraverso i quali tutti gli uomini e le donne passano: l’essere generati, l’iniziazione degli adolescenti e dei giovani alla vita, la scelta vocazionale al matrimonio, al sacerdozio o alla vita consacrata, la professione e la fedeltà nella vita adulta, la fragilità, la disabilità e la malattia, le gioie e i lutti, l’esperienza della morte.
Ogni storia umana è storia sacra e non c’è storia sacra perfettamente lineare, senza sbagli, senza fragilità, senza dolore. La sacralità della vita viene dalla sua vulnerabilità. Visitare e accompagnare la storia delle donne e degli uomini è il più grande atto di amore che possiamo compiere come annunciatori del Vangelo.
Un ripensamento della catechesi con gli adulti appare irrinunciabile per una comunità cristiana che, alla luce del Convegno di Firenze, voglia praticare le cinque «vie» di Evangelii gaudium (Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare). Per questi inesplorati sentieri la comunità ecclesiale italiana viene invitata a incamminarsi, cominciando con un esame di coscienza, perché c’è bisogno di trovare occasioni e spazi dove incontrarsi, dove rispondere a quella domanda di relazionalità che è propria della vita dell’adulto, dove far nascere nuovi rapporti d’amicizia e individuare insieme punti di riferimento per la vita quotidiana.
La sola formazione personale non può bastare se non si trasforma in una fede condivisa: il gruppo è uno spazio in cui si sperimenta la dimensione comunitaria della fede. C’è bisogno, tra gli adulti, di raccontare, di raccontarsi e di ascoltarsi, di raccontare la propria fede, di comunicare le proprie quotidiane esperienze, di affrontare i problemi e le difficoltà, ma anche le gioie della vita quotidiana, superando la tendenza alla frammentazione e all’individualismo.
L’auspicio è che lo studio e la preparazione di questi mesi possano produrre utili occasioni e strumenti per accompagnare gli adulti del nostro tempo.
Paolo Simonetti