Da tempo il nostro Arcivescovo offre all’intera diocesi alcune indicazione che siano in grado “di illuminare dimensioni fondamentali della nostra fede che non possiamo perdere di vista, circa la nostra identità, il nostro appartenere a Lui e il nostro essere missionari” (Omelia del 8/9/18). Proviamo a metterci in ascolto delle buone prassi, ma soprattutto a valorizzare le narrazioni degli operatori della catechesi che ci fanno gustare l’entusiasmo di spendersi quotidianamente per il Vangelo.
Abbiamo chiesto ad un giovane quale risonanza provoca in lui la parola “elezione”, come la propone nel suo impegno in parrocchia, come la condivide con i coetanei.
Sono Davide Proietti e frequento il primo anno di università a Bari. Sono cresciuto in una famiglia che mi ha inculcato tanti valori forti e belli tra cui quello della religione. Fin da piccolo amavo frequentare il catechismo, partecipare alla Santa Messa e nella crescita ho sempre più avvertito il bisogno di dover testimoniare la parola di Dio agli altri, a partire dai bambini; quindi subito dopo aver ricevuto la Cresima ho iniziato il percorso di catechista nella mia parrocchia, la San (da qualche giorno) Nunzio Sulprizio. Ecco…tante volte Gesù ha parlato per me, ha pensato per me…nei confronti dei miei bambini che ho accompagnato, dal primo anno fino alla Cresima che riceveranno quest’anno, ma anche nel rapporto con gli altri. Eh sì…perché crescendo sentivo sempre quel desiderio di testimoniare gli insegnamenti di Gesù agli altri e prima nel più difficile ambiente della scuola (difficile perché in pochi andavano in Chiesa e vedevano ciò che facevo di buon occhio) e poi con altri ragazzi della comunità negli incontri di giovani ho iniziato a parlare di più, ad ascoltare le confidenze, a dare consigli. Essere catechisti, annunciatori, si può, anche a 19 anni con i pensieri, le esperienze di quest’età con lo studio, le partite, gli amori spezzati, si può essere perché se si ha Gesù al proprio fianco nulla è impossibile e non è una frase fatta perché io l’ho provato sulla mia pelle e devo dire che è bellissimo tutto ciò perché quando ci si sente ‘eletti, scelti’ da un qualcuno tra tante altre persone è una soddisfazione. È importante andare subito al ‘sodo’ nella società odierna dove tutto è veloce, e dura poco, è importante lanciare dei messaggi forti, chiari alle persone scettiche. Perché ognuno può essere scelto. Ognuno può essere una missione per se stesso e per gli altri.
Le parole di Marcella Scarciglia, invece, ci dicono che cosa pensano i preadolescenti, con i quali è in contatto a scuola e in parrocchia, del diventare “da battezzati a discepoli”.
Ho pensato ai ragazzi che incontro tutti i giorni a scuola (per intenderci, pre-adolescenti ed adolescenti) e alle frasi che ripetono spesso: “È una vita che non vado in Chiesa, ormai sono grande”, “Se dico agli altri che vado in Chiesa mi prenderanno in giro a vita” …eppure sono tutti ragazzi battezzati, tutti passati dai nostri incontri di catechismo settimanali, dalle nostre celebrazioni Eucaristiche. E allora, mi chiedo, perché si allontanano? Perché quel battesimo non si trasforma in discepolato? Mi sono fatta aiutare da loro stessi: la religione gli sembra distante dalla loro vita!
Ma se poi ti fermi a dialogare, le domande che hanno nel cuore parlano di Dio e i desideri che celano dentro hanno sete di infinito. Ma soprattutto, sono alla ricerca di punti di riferimento, purché veri, autentici, credibili; non accettano più le cose solo per autorità. Oggi sono loro a concedere o meno la patente di autorevolezza a chi hanno davanti, sono diffidenti e contestatori, ma se trovano un testimone, uno che vive ciò che dice, allora sì, ti danno il cuore e si fanno portare in capo al mondo!
Come guadagnarci quella patente di autorevolezza? Come fare in modo che diventino discepoli appassionati del Risorto? Seguiamo l’icona dei discepoli di Emmaus. Gesù si mette in strada con loro, legge il loro bisogno, l’amarezza e la voglia di andar via, ascolta i loro racconti. Quali strade percorrono i nostri adolescenti? Una modalità vincente è quella di farsi raccontare ciò che sono attraverso i loro canali: le canzoni, i film e i video che preferiscono. Partendo da questi siamo arrivati insieme alla scoperta che anche i loro beniamini sono alla ricerca della felicità, hanno le stesse domande sulla vita e spesso su Dio.
Un’altra strada è la catechesi esperienziale, che richiede un po’ di preparazione in più. Se vogliamo che il messaggio arrivi, usiamo anche i loro linguaggi. Abbiamo letto, infatti, insieme il Vangelo e abbinato delle emoji alle emozioni dei personaggi, poi hanno raccontato quando si sono sentiti nello stesso modo. Abbiamo approfondito testi della Bibbia mettendoli in scena e creando brevi video per Youtube. Abbiamo giocato con la Bibbia online, con Kahoot (app per realizzare quiz) e, per raccontare il percorso, stampato i Wordcloud creati con le parole chiave. Abbiamo anche inventato (non reale, ma su cartellone) un profilo Facebook di Gesù e di alcuni Santi, come se fossero vissuti ai giorni nostri. Abbiamo parlato e incontrato Dio in modo nuovo, ma sempre vero!
I discepoli di Emmaus riconoscono il Maestro allo spezzare del pane. Un linguaggio indispensabile resta quello dei gesti concreti: il modo di “spezzarci” per loro gli farà riconoscere che ciò che facciamo non lo facciamo da noi stessi, ma siamo alla sequela di Gesù.
Tecla Zani, Responsabile diocesana dell’Azione Cattolica dei Ragazzi ci illustra come gli acierrini vanno alla scoperta dei “santi della porta accanto”.
L’ACR, radicata saldamente nelle parrocchie, punta a rendere protagonisti i ragazzi, educandoli non solo ad un’esperienza di Chiesa, ma a sentirsi corresponsabili, ad impegnarsi per essa, ricercando il proprio modo originale di seguire il Signore. Per questo motivo, l’invito dell’Arcivescovo a guardare e riconoscere i santi della porta accanto, non trova impreparata l’ACR che da tempo valorizza nei cammini il valore e il ruolo dei Santi e Beati dell’Azione Cattolica (giovani, adulti, mamme e bambini comuni, testimoni della luce del Vangelo). Potrà capitare di vedere, in queste settimane, gli acierrini alle prese con pentole e fornelli: la storia che lega tutta la proposta associativa è infatti ambientata in cucina. Tra sapori e calda intimità, in cucina i ragazzi possono scoprire se stessi e gli altri come ingredienti unici, un luogo di santità che valorizza anche il confronto generazionale. Ma l’orizzonte diventa sempre più ampio: i ragazzi stanno valorizzando la presenza dei nonni; vengono invitati ad allargare la tavola anche agli stranieri, per un confronto con storie diverse e tradizioni sconosciute. In sintesi: un cammino entusiasmante e dai mille sapori!
Paolo Simonetti