Una giornata di incontro e di festa a Taranto per Giovani e Gruppo Attivo

Giornata di incontro con il CVS Puglia

L'esperienza di quotidiana fraternità del Centro Volontari della sofferenza

Si è svolto in una soleggiata ma fredda giornata invernale, domenica 24 febbraio scorso, l’incontro di fraternità del Centro Volontari della Sofferenza della Regione Puglia (Giovani e Gruppo Attivo). Gli oltre 150 partecipanti, accompagnati dall’assistente regionale, don Vittorio Borracci, e dall’incaricata regionale, dottoressa Annalisa Caputo, sono stati ospitati dalla parrocchia Sant’Egidio di Taranto.

Dopo l’accoglienza e la colazione si è svolta la Celebrazione dell’Eucaristia; nel pomeriggio gli aderenti al Centro Volontari della sofferenza e i giovani della parrocchia hanno animato un emozionante momento di festa che si è concluso intorno alle 16.00.

Durante la Celebrazione don Lucangelo, partendo dalla Parola proclamata ha detto: “Gli ammalati convertono le nostre comunità: ci parlano di Gesù come nessuno sa fare. Se sei capace di occhi di misericordia e sei capace di guardare anche gli altri così, è la rivoluzione dell’amore”. Con un linguaggio particolarmente efficace don Lucangelo ha poi mostrato che l’amore di cui parla Gesù distrugge le ferite. “Mai lasciarsi prendere dalla rabbia o cedere alla provocazione – ha spiegato-, fare muro contro muro può essere distruttivo”. Al muro occorre opporre l’amore, per far sì che tutto l’odio si cancelli.

Di questo amore è testimonianza proprio il CVS (Centro Volontari della Sofferenza). Abbiamo chiesto a don Cristian Catacchio, che coordina il gruppo di Taranto, di raccontarci la sua esperienza associativa, proprio mentre si festeggia il sessantesimo anno di presenza del Centro a Taranto: “Il CVS –ci dice – nasce prima di tutto come risposta concreta al dramma della sofferenza umana che molto spesso conduce l’uomo ad allontanarsi dal suo Creatore. Nella sofferenza offerta dal malato si riconosce una partecipazione al mistero pasquale di Cristo che lo rende apostolo e perciò primizia e profezia per la valorizzazione di ogni forma di sofferenza presente nella vita dell’uomo”. L’aderente al CVS sa che il suo impegno di battezzato esige una piena adesione della volontà, una coraggiosa accettazione della propria vita, senza rassegnarsi al male ed alla debolezza, senza fuggire o nascondere la propria situazione di sofferenza; crescendo nel bene e sradicando da sé il male. In tale unione a Cristo il sofferente accoglie non solo la salvezza, il senso, la speranza, la consolazione per la propria vita, ma anche la chiamata ad un impegno apostolico, nell’annuncio del Vangelo ai fratelli.

 

La metodologia pastorale del CVS realizza quella “presenza che accompagna” e conduce alla salvezza, che il fondatore, il Beato Luigi Novarese (Casale Monferrato, 29 luglio 1914 – Rocca Priora – Roma, 20 luglio 1984), espresse come particolare missione dei sofferenti, l’ammalato per mezzo dell’ammalato, con l’aiuto del fratello sano. Il Centro Volontari della sofferenza nasce nel 1947 dall’esperienza di questo sacerdote che dalla giovinezza, desiderava esercitare la professione medica a servizio e a sollievo degli ammalati. La morte della madre lo conduce ad una scelta definitiva: egli scopre nella vocazione sacerdotale la via per offrire un sostegno più radicale e decisivo agli ammalati.

Il CVS nella linea del Vaticano II, svolge l’apostolato sia a livello individuale, con la parola e la testimonianza della vita; che a livello di Gruppo, per sostenersi a vicenda e a diffondere il messaggio fra tutti i sofferenti. Ma importante è anche la sensibilizzazione a livello di Chiesa locale, incoraggiando l’inserimento del singolo e del Gruppo nel dinamismo della pastorale.

Una interessante intuizione nella metodologia di incontro è il Gruppo Attivo: è l’attività che il Centro Volontari della Sofferenza realizza per la promozione e la valorizzazione della persona con ritardi cognitivi e sofferenti psichici. Il nome nasce dal fatto che è proprio di queste persone avere una “mente attiva” che, forse proprio perché presenta limiti dal punto di vista concettuale, è molto più legata alla prassi e all’azione dei cosiddetti “normodotati”. S’individuano criteri di comunicazione, per un itinerario d’iniziazione di fede, attraverso un linguaggio del corpo, animazione teatrale, ballo, musica, canto, gioco di laboratorio. Sono proprio le persone diversabili che diventano parte attiva nell’annuncio a quanti decidono di condividerne il cammino.

E papa Francesco, rivolgendosi a tutta la Chiesa in occasione della recente Giornata Mondiale della Disabilità, il 3 dicembre scorso, ha scelto un originale modo per comunicare il suo pensiero, affidandolo a un tweet sull’account @Pontifex: “Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore grazie alla terapia del sorriso!”.

La presenza del Centro Volontari della sofferenza e il lavoro silenzioso di tante famiglie, parrocchie e associazioni, intende superare il più grande pregiudizio che è vedere la disabilità prima della persona, anche nell’approccio all’esperienza della fede.

Paolo Simonetti