Affrontare il passaggio verso un nuovo annuncio del Vangelo

Parrocchia e catechesi

Rileggendo un testo di fratel Enzo Biemmi

Per dire qualcosa di significativo sul rapporto tra parrocchia e catechesi, non si può prescindere da quanto, di recente, ci è stato offerto sia da papa Francesco che dai Vescovi italiani. Mi riferisco all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, del 2013 e agli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia Incontriamo Gesù, del 2014.

Dirò subito che non si tratta di questioni metodologiche e di ricerca di originalità fine a se stessa. La Chiesa, il Papa e i Vescovi, ci chiedono di ricordare sempre che la prima parola, l’iniziativa vera, viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina possiamo anche noi divenire – con Lui e in Lui – evangelizzatori (EG 112).

Per giungere a questa conclusione credo servano almeno tre passaggi:

Da dove veniamo

Innanzitutto da dove veniamo:

  1. Nella nostra memoria sono ben fissati i momenti della nostra fanciullezza e del tempo del catechismo. Domande, risposte, gare di catechismo, premi, tesserini fedeltà. Una prassi, che aveva come caratteristica quella di essere una forma scolastica di annuncio della fede (un maestro, un libro, una classe, un metodo).
  2. Si tratta di una catechesi pensata ed efficace dentro un particolare dispositivo di iniziazione cristiana. È il modello tridentino di iniziazione cristiana, che ha due caratteristiche fondamentali: è indirizzato ai piccoli (fanciulli e ragazzi, gli adulti sono considerati già iniziati) e tutto orientato alla ricezione dei sacramenti. Possiamo globalmente definirlo un processo di socializzazione o familiarizzazione della fede dei piccoli in vista della loro sacramentalizzazione.
  3. Un tale impianto di iniziazione ha senso ed è efficace dentro un certo tipo di parrocchia: la parrocchia che si occupa della cura delle anime. La cura animarum avviene attraverso la predicazione, la catechesi, le predicazioni popolari, il catechismo per i sacramenti, la dottrina cristiana per gli adulti, le devozioni e dei pellegrinaggi, e tutti quei servizi che scandiscono la vita cristiana della gente.

Forse nelle nostre teste questo mondo esiste ancora. Per questo non riusciamo proprio a spiegarci come mai oggi il rapporto catechesi/parrocchia sia così problematico.

Né si può dire che negli scorsi decenni non si siano risparmiate le forze per vivere il cambiamento e trovare soluzioni rispondenti alle urgenze del momento. Ma, come accade quando ci accorgiamo che la casa è diventata piccola, ma ci si limita a rinnovare l’arredamento –spendendo anche cifre notevoli- senza avere il coraggio di compare una nuova casa, più grande, così è accaduto per la catechesi: gli sforzi di rinnovamento si sono mossi nell’ambito di un modello vecchio, superato, al quale si può restare affezionati, ma dal quale prendere le distanze.

Allora ci chiediamo: Dove andiamo?

Verso dove andiamo

La Chiesa italiana attraverso i suoi vescovi e la testimonianza di tante chiese diocesane ci dice che la strada l’abbiamo intuita.

Ad esempio abbiamo intuito che la parrocchia è viva solo quando è comunità missionaria, dove la Parola e i Sacramenti diventano forza propulsiva e attraente, come dice il nostro Arcivescovo.

Se il contesto sociale non è più di cristianità ma di “contaminazione culturale”, è evidente che il compito pastorale della comunità ecclesiale è chiamato a cambiare radicalmente. Un tale cambio suppone una riformulazione a 360 gradi della nostra pastorale parrocchiale. Abbiamo messo a punto uno straordinario dispositivo per animare la fede e non abbiamo ricordi e storia di una logica pastorale missionaria. Di sicuro è questa la conversione più impegnativa. Il documento CEI sulla parrocchia la riassume così:

«Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunità cristiana non basta più. È necessaria una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il vangelo…» (n. 1).

Da un impianto di iniziazione centrato sui piccoli e sacramentalizzato, a un processo di iniziazione che ha come perno gli adulti e non è finalizzato ai sacramenti, ma alla vita cristiana.

L’aumento in Italia di persone provenienti da altre culture e di genitori che non fanno battezzare i bambini porta verso la necessità di incrementare un impianto iniziatico centrato sull’adulto. Oltre ad essere una necessità di fatto, questa diviene anche una scelta di campo. In questo senso il ricupero del modello catecumenale dei primi secoli, che richiede una conversione di vita e si rivolge alla persona adulta, ritorna ad essere un punto di riferimento importante. I documenti ecclesiali, dal RICA in poi, hanno invitato a ricuperare la dimensione catecumenale dell’iniziazione cristiana.

Da una catechesi per la vita cristiana” a una catechesi per l’evangelizzazione e la proposta della fede. Anche la catechesi, poco per volta, è chiamata ad abbandonare il presupposto che la abita (ben indicato dall’espressione “catechismo per la vita cristiana) e a ricuperare un annuncio finalizzato a proporre in senso forte la fede. Parliamo per questo di “primo annuncio” o di “proposta della fede”.

In secondo luogo va ricordato che, fin dal Convegno di Verona (2006), la Chiesa italiana ha detto esplicitamente che bisogna visitare e accompagnare la storia delle donne e degli uomini valorizzando le «soglie della vita», cioè le occasioni offerte dall’esistenza, perché in questi snodi ogni uomo o donna sperimenta che la vita «è di più», vale più di ciò che noi produciamo. Mi riferisco all’essere generati, l’iniziazione degli adolescenti e dei giovani alla vita, la scelta vocazionale al matrimonio, al sacerdozio o alla vita consacrata, la professione o la fedeltà nella vita adulta, la fragilità, la disabilità e la malattia, le gioie e i lutti, l’esperienza della morte (IG 36).

Si tratta di restituire alla Chiesa la sua capacità originaria di generare alla fede, di essere madre nella fede. Il suo grembo generatore, infatti, sembra diventato sterile. Quando parliamo di Chiesa nella sua capacità di generare, si intende la comunità cristiana adulta, che genera nella misura in cui è lei adulta nella fede, cioè appassionata e fedele al suo Signore, e non solo una comunità di adulti che professano una dottrina e fanno settimanalmente dei riti.

La terapia, quindi, viene portata decisamente verso l’intento di coinvolgere nell’iniziazione cristiana un gruppo di adulti nella fede. Tutte le esperienze in atto cercano di rompere il muro di delega della catechesi e dell’iniziazione al parroco e alle catechiste e di renderne invece protagonisti primi alcuni adulti disponibili. Dal consiglio pastorale, reso primo attore delle iniziative, al gruppo dei catechisti, ai collaboratori a livelli differenti, a tutta la comunità che viene informata e resa partecipe in momenti chiave, quali la celebrazione eucaristica domenicale: si tende a “rifare il tessuto generativo”, e risulta chiaro che man mano che una comunità di adulti si assume il compito di generare alla fede le nuove generazioni ne viene essa stessa rigenerata. Evangelizzando, si rievangelizza.

 

Alcune indicazioni di percorso

  • Il giorno del Signore

La prima scelta condivisa è quello di ridare alla domenica il suo significato profondo di giorno del Signore, di giorno della comunità, di giorno dell’iniziazione alla fede. Si potrebbe pensare di privilegiare una domenica al mese, chiedendo ai ragazzi, alle loro famiglie e all’intera comunità di fare di questo appuntamento mensile un tempo di ricupero della propria identità di fede e di comunità. Le modalità di attuazione possono variano ed essere il frutto di scelte condivise. In genere avvengono incontri che occupano tutta la domenica mattina (o il sabato pomeriggio), e prevedono momenti separati tra genitori e ragazzi, un incontro comune, la celebrazione eucaristica, seguita talvolta dal pranzo o dalla cena insieme.

  • Abbandonando l’idea di scuola

Una seconda scelta è quella di slegare progressivamente il processo di iniziazione dai ritmi della scuola e anche dalla modalità scolastica. Questo viene perseguito passando da un ritmo scolastico (caratterizzato dall’ora settimanale, l’aula, la lezione, i compiti per casa…) a un ritmo familiare (con momenti diversificati: in gruppo tra ragazzi; dei genitori con il loro figlio; momenti comuni tra tutte le famiglie; momenti con i genitori per aiutarli e formarli). Si tende a superare la divisione per classi formando gruppi per fasce di età. Sono da preferire incontri più prolungati e comprendenti le varie dimensioni della socialità e della fede.

Ci possiamo così avviare verso itinerari non omologanti (tutti le stesse cose allo stesso modo), ma verso itinerari differenziati, secondo l’esigenza che era stata già segnalata fin dal 1970 nel Documento Base. Le differenti situazioni riguardanti i soggetti e la fede lo richiedono, consigliano di avere una certa malleabilità di impostazione, evitando che la “data della cresima” sia un imperativo obbligante. Andiamo verso una diversificazione di percorsi, creando gruppi che procedono con un passo differenziato, anche se all’interno di un progetto condiviso.

  • La testimonianza e l’impegno della famiglia

La fede non è mai nata da lezioni di catechismo, ma da relazioni vissute nell’orizzonte della testimonianza. Il ruolo di iniziazione alla fede della famiglia è primariamente quello quotidiano, non strutturato come un incontro di catechesi. La fede passa dai rapporti, dai fatti di ogni giorno letti in ottica di grazia e di gratitudine, dagli eventi familiari gioiosi e dolorosi interpretati come eventi abitati dalla presenza del Signore, dal modo di leggere quello che succede nel mondo, dalla logica con la quale ci si relazione, si utilizzano le risorse, ci si relaziona con chi è diverso, si maturano atteggiamenti di solidarietà.

Ciò è primario ed essenziale. Ma la famiglia può anche divenire un luogo nel quale i genitori danno esplicitamente parole alla fede e creano momenti formativi per la famiglia.

Desidero concludere ricordando le parole del Documento Base.

La comunità è l’elemento “portatore”, in senso forte, del processo di iniziazione alla fede. “Prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali. Infatti come non è concepibile una comunità cristiana senza una buona catechesi, così non è pensabile una buona catechesi senza la partecipazione dell’intera comunità” (DB 200). La vita della comunità è l’ambiente vitale entro cui l’iniziazione può svolgersi con frutto.

A cura di Paolo Simonetti

 

Bibliografia

Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium.

Conferenza episcopale italiana, Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia Incontriamo Gesù.

Conferenza episcopale italiana, Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo.

Conferenza episcopale italiana, Il rinnovamento della catechesi.

Enzo Biemmi, Il secondo annuncio. La grazia di ricominciare, EDB, Bologna 2011.