Ascoltare don Vincenzo è sempre fonte di emozione, soprattutto a causa di quella carica di umanità che lo contraddistingue da sempre, ma anche per il sapore dei suoi 92 anni portati egregiamente.
Non è semplice contenere in poche righe il racconto della sua storia appassionante e, a tratti avventurosa, ma il suo ultimo testo si propone come prospettiva, al tempo stesso meditata, densa e gustosa, su alcuni aspetti che lo hanno da sempre caratterizzato come un sacerdote delle periferie.
Le periferie – appunto – mi impregnarono di Vangelo, confessa subito il nostro don Vincenzo. Le pagine del libro scorrono velocemente coinvolgendo il lettore in racconti e analisi che intendono porre un limite ai pregiudizi per far scoprire la ricchezza che l’altro possiede con la sua storia, con le sue tradizioni ed anche con le ferite che lo accompagnano.
Il racconto parte dall’infanzia vissuta col desiderio chiaro di intraprendere la vita sacerdotale, prosegue con i riferimenti alla malattia e alle numerose peripezie che hanno contrassegnato da sempre il suo cammino. Don Vincenzo è consapevole che è lo stesso Signore Gesù che lo ha accompagnato nella trasformazione in prete che non passa oltre, con chiaro riferimento alla parabola lucana del buon samaritano. Il suo essere prete può veramente definirsi un itinerario al contrario, diventare, cioè, da maestro a discepolo. E questa trasformazione egli sente di doverla al popolo degli Zingari che hanno segnato in modo indelebile il suo essere.
Il libro di don Vincenzo non è un trattato di sociologia; il lettore non vi troverà categorie per conoscere e affrontare il mondo dei nomadi. Si tratta della comunicazione di una vita che si è lasciata trasformare dalla potenza dell’amore, dall’incontro con l’altro e dall’apertura all’inatteso. Leggendo questo piccolo testo in qualche modo ci si affeziona ancora di più a quest’uomo fuori dal comune, a questo sacerdote straordinario che sa rendere normale ciò che spaventa i più.
Le due parti di cui si compone il racconto possono riassumersi in una constatazione che, forte del suo pluridecennale cammino, don Vincenzo ci trasmette: “Come è triste la vita se non ti innamori dei poveri”. Il Natale ormai prossimo possa essere l’occasione propizia per sperimentare nella nostra storia e nei nostri percorsi questa semplice e diretta forza del cuore che scaturisce dall’incontro col Bimbo di Betlemme che ci raggiunge nelle periferie trascurate del nostro oggi.
Vincenzo De Florio, Ma tu sei prete? Storia di un sacerdote delle periferie, Presentazione di Pietro M. Fragnelli, EDB 2019, pp. 214, € 15,00
Paolo Simonetti