Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia (n 1). Questo potente richiamo alla bellezza dell’antica tradizione del presepe apre la breve e amorevole Lettera che il Santo Padre ha pubblicato durante la sua recente visita a Greccio (1 dicembre 2019), luogo della memoria francescana del presepe.
Il presepe: un esercizio di fantasia creativa
Di fronte alle solite e inutili polemiche che puntualmente accompagnano la presenza di questo segno nei luoghi pubblici, sia in Italia che all’estero, il Papa afferma in modo diretto che non bisogna trascurare di allestire il presepe ogni anno: “Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza”.
La scena della Natività ci invita a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura.
L’origine del presepe
Nei numeri successivi il Santo Padre illustra in tratti sintetici l’origine di questa tradizione e l’attualità della sua efficacia.
Il significato più profondo del presepe lo si trova in alcuni dettagli evangelici della nascita di Gesù a Betlemme. Lo scarno racconto dell’Evangelista Luca, da sempre, si è legato alle profezie dell’Antico Testamento e a particolari provenienti dai vangeli apocrifi.
Ma sono le Fonti Francescane a raccontarci nei particolari cosa avvenne a Greccio, città dove San Francesco d’Assisi ha dato inizio a questo modo di rappresentare la Natività.
Quindici giorni prima di Natale, Francesco chiamò un uomo del posto, di nome Giovanni, e lo pregò di aiutarlo nell’attuare un desiderio: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele amico andò subito ad approntare sul luogo designato tutto il necessario, secondo il desiderio del Santo. Il 25 dicembre giunsero a Greccio molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai casolari della zona, portando fiori e fiaccole per illuminare quella santa notte. Arrivato Francesco, trovò la greppia con il fieno, il bue e l’asinello. La gente accorsa manifestò una gioia indicibile, mai assaporata prima, davanti alla scena del Natale. Poi il sacerdote, sulla mangiatoia, celebrò solennemente l’Eucaristia, mostrando il legame tra l’Incarnazione del Figlio di Dio e l’Eucaristia. In quella circostanza, a Greccio, non c’erano statuine: il presepe fu realizzato e vissuto da quanti erano presenti.
Conclude papa Francesco: “San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione. Il suo insegnamento è penetrato nel cuore dei cristiani e permane fino ai nostri giorni come una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità”.
Ancora oggi i credenti si commuovono di fronte all’immediata bellezza dei segni del presepe, provando sincero stupore.
Spiega il Santo Padre: “Comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme. Naturalmente, i Vangeli rimangono sempre la fonte che permette di conoscere e meditare quell’Avvenimento; tuttavia, la sua rappresentazione nel presepe aiuta ad immaginare le scene, stimola gli affetti, invita a sentirsi coinvolti nella storia della salvezza, contemporanei dell’evento che è vivo e attuale nei più diversi contesti storici e culturali”.
I personaggi che animano il presepe
Nei paragrafi successivi Francesco evoca i vari personaggi che compongono la scena del presepe sottolineando come tutto il creato partecipi alla festa della venuta del Messia.
Dal cielo stellato, “pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. La vicinanza di Gesù porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza, al paesaggio che assume vari contorni e, non raramente, presenta rovine in cui trova sistemazione la mangiatoia: “quelle rovine sono soprattutto il segno visibile dell’umanità decaduta, di tutto ciò che va in rovina, che è corrotto e intristito. Questo scenario dice che Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario”.
I pastori, primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata, e tante altre statuine simboliche raffiguranti mendicanti, poveri: “dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato”.
Il Papa apprezza la fantasia e la creatività di adulti e bambini che sempre collocano nel presepe altri personaggi che apparentemente poco hanno a che fare con la nascita del Salvatore: “eppure, questa immaginazione intende esprimere che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura. Dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le brocche d’acqua ai bambini che giocano…: tutto ciò rappresenta la santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni, quando Gesù condivide con noi la sua vita divina”.
La vita si manifestò…
Nella grotta Maria, Giuseppe e il Bambino. “«La vita infatti si manifestò» (1 Gv 1,2): così l’apostolo Giovanni riassume il mistero dell’Incarnazione. Il presepe ci fa vedere, ci fa toccare questo evento unico e straordinario che ha cambiato il corso della storia, e a partire dal quale anche si ordina la numerazione degli anni, prima e dopo la nascita di Cristo”.
Maria “è una mamma che contempla il suo bambino e lo mostra a quanti vengono a visitarlo”; Giuseppe “svolge un ruolo molto importante nella vita di Gesù e di Maria. Lui è il custode che non si stanca mai di proteggere la sua famiglia”. I magi “insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo. Sono uomini ricchi, stranieri sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme (cfr Mt 2,1-12). Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande”.
“Guardando questa scena nel presepe siamo chiamati a riflettere sulla responsabilità che ogni cristiano ha di essere evangelizzatore. Ognuno di noi si fa portatore della Bella Notizia presso quanti incontra, testimoniando la gioia di aver incontrato Gesù e il suo amore con concrete azioni di misericordia”.
Dallo stupore nasca una preghiera
In conclusione il Papa ci richiama al compito dell’annuncio della fede che può trovare un modo concreto attraverso la trasmissione di una così bella tradizione familiare che in modo appropriato deve appartenere anche al sentire pubblico e comunitario dei credenti.
“Questi ricordi ci inducono a prendere sempre nuovamente coscienza del grande dono che ci è stato fatto trasmettendoci la fede; e al tempo stesso ci fanno sentire il dovere e la gioia di partecipare ai figli e ai nipoti la stessa esperienza”. “Alla scuola di San Francesco, apriamo il cuore a questa grazia semplice, lasciamo che dallo stupore nasca una preghiera umile: il nostro “grazie” a Dio che ha voluto condividere con noi tutto per non lasciarci mai soli”.
Dato a Greccio, nel Santuario del Presepe, 1° dicembre 2019.
a cura di Paolo Simonetti