Il catechista sa "dare la parola" per un approccio generativo

La Comunità del Risorto e la passione per l’annuncio

Il primo incontro del Triennio di formazione di base

Con l’incontro del 7 ottobre scorso, è ripartito il Triennio di formazione di base rivolto agli operatori della catechesi impegnati nelle parrocchie, movimenti e associazioni. Questa occasione formativa rappresenta ormai una tradizione per l’équipe diocesana e viene sempre arricchita e diversificata per metodi e contenuti.

Nel suo intervento, il Direttore dell’Ufficio Catechistico, don Lucangelo De Cantis, ha esposto i criteri di generatività per un annuncio carico di “aderenza” alla realtà e passione, perché diventiamo capaci di dinamicità e provvisorietà, non nel senso di superficialità, ma di docilità alla voce dello Spirito. L’uomo di oggi fa fatica a stare nella vita, il nostro dogmatismo rischia di essere un diaframma che impedisce l’incontro col Risorto. Dopo la visione di alcune immagini di quadri famosi, sul tema della generatività, i catechisti hanno esposto le proprie impressioni e riflessioni, in un dialogo ricco e vivace. In particolare, il quadro di Van Gogh, intitolato I primi passi, ha permesso di comprendere che solo colui che accoglie genera.

Il brano della Parola di Dio, tratto da Isaia 49, è stato il cuore dell’incontro. Commentando i suoi versetti, don Lucangelo ha detto che la conoscenza e il rispetto del suo popolo da parte di Dio rappresenta il punto di partenza di un approccio generativo. Dio ama e rispetta la storia delle persone che ha scelto. L’ascolto, anche dei drammi umani, è il secondo passaggio mentre l’abbraccio sottolinea quanto contino le relazioni autentiche. Occorre, infine, avere il coraggio di “dare la parola” ai nostri interlocutori, senza dare per scontato di sapere in anticipo cosa possano dirci.

La finalità del Triennio non è ristretta soltanto ad acquisire conoscenze e competenze per svolgere bene il compito della catechesi ma comprende anche il crescere insieme nella fede, per coltivare le relazioni. Per superare, attraverso l’esperienza della condivisione, la tendenza alla frammentazione e all’individualismo; per fare esperienza di dialogo. Perché c’è bisogno di trovare occasioni e spazi dove incontrarsi, dove rispondere a quella domanda di relazionalità che è propria anche della vita del giovane e dell’adulto.

“Il catechista –afferma il Papa- non è un maestro o un professore che pensa di svolgere una lezione. La catechesi non è una lezione; la catechesi è la comunicazione di un’esperienza e la testimonianza di una fede che accende i cuori, perché immette il desiderio di incontrare Cristo”. La fede, infatti, ha bisogno di condivisione e il gruppo può essere uno spazio in cui si sperimenta la dimensione comunitaria della fede che è personale ma non individualistica o soggettiva; si rimane fedeli a Cristo solo se inseriti in modo vitale nella comunità ecclesiale.

Anche in ambiti diversi da quello ecclesiale assume sempre maggior valore la dimensione autobiografica e narrativa della formazione, che è un asse portante del Triennio, perché c’è bisogno, tra gli adulti, di raccontare, di raccontarsi e di ascoltarsi, di raccontare la propria fede, di comunicare le proprie quotidiane esperienze, di affrontare i problemi e le difficoltà, ma anche le gioie della vita quotidiana.

Rispetto al passato, oggi la formazione è una scelta, anche molto impegnativa, che richiede elevata qualità in chi la eroga e solida motivazione da parte di chi ne usufruisce. Ma conta soprattutto che venga stabilito un ponte tra i soggetti che entrano in gioco. Molto spesso siamo abituati a ricorrere ad un modello di formazione statico e verticistico, che fa leva sull’obbligo più che sulla meta finale di ogni processo di formazione, cioè la conformazione a Cristo, come espresso da S. Giovanni Paolo II in Christifideles laici.

Nei suoi numerosi interventi riguardanti la catechesi, Papa Francesco ritorna volentieri sullo stile della comunità che deve accogliere la domanda di fede: “In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario” (Evangelii gaudium 169).

L’annuncio della fede ci chiede di allenarci in questo sguardo di vicinanza a partire dalla fase progettuale dei nostri itinerari formativi, siano essi costruiti con i giovani o con gli adulti. Pensare insieme, elaborare insieme, con uno stile sinodale, sempre più invocato negli ultimi mesi, permette a tutti di sentirsi non semplici destinatari ma soggetti corresponsabili e attivi di una azione evangelizzatrice. Afferma don Adrea Lonardo, a lungo direttore dell’Ufficio catechistico di Roma: “Papa Francesco ricorda con ogni suo gesto che la vita della Chiesa – e per questo anche la catechesi – è un grande atto di amore, un atto di vicinanza che manifesta il cuore da cui nasce. La catechesi è una relazione dove la Chiesa, tramite i catechisti, innanzitutto e semplicemente vuole bene, cammina con le persone, le accompagna perché spinta dall’amore”.

Tutti coloro che parteciperanno agli incontri del Triennio di formazione di base, il lunedì, da ottobre a giugno, dalle ore 17.30 alle 19.30, in Seminario, seguendo l’invito del Papa: “Non dimentichino di far cogliere con la catechesi la contemporaneità di Cristo”.

 

Paolo Simonetti